Riconoscere le mafie è un problema che da tempo impegna agenzie di contrasto e studiosi. La legislazione antimafia italiana è all’avanguardia nel panorama internazionale ma si fonda su una logica emergenziale, che spesso ha fatto seguito a eventi traumatici per la coscienza collettiva. Ad esempio, la legge Rognoni-La Torre, che istituisce il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, viene approvata nel 1982 a seguito di alcuni omicidi di importanti esponenti delle istituzioni. Lo stesso si è verificato per altri provvedimenti dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992.
Occorre però riconoscere il fenomeno mafioso come una realtà molto radicata nella nostra società, quindi fuori da logiche allarmistiche. Senza sminuirne il pericolo, va tuttavia evidenziato che sono stati fatti numerosi passi in avanti rispetto al passato, soprattutto per quanto riguarda il versante del contrasto giudiziario. Può costituire però un grosso limite quello di considerare la questione mafiosa come un mero problema di ordine pubblico, da affrontare quindi soltanto sul piano della repressione e in un’ottica sicuritaria. Al contrario, bisognerebbe ragionare in modo più esteso sulle dinamiche di funzionamento della società per interrogarsi su come disarticolare l’area grigia delle collusioni, con interventi trasversali in materia di politiche pubbliche.
L’antimafia, compresa quella composta dai movimenti e associazioni, diventerà ancora più forte se saprà riconoscere l’importanza dei risultati acquisiti finora e saprà guardare oltre, ponendosi sfide ancora più ambiziose. Riconoscere le mafie come un “male sociale” è stata senz’altro una grande conquista, ottenuta grazie all’unitarietà del fronte antimafia in un Paese attonito all’indomani del trauma culturale stragista. In un mondo che però è mutato, un’eccessiva e ostinata ricerca di unitarietà rischia di depoliticizzare la lotta alla mafia, quindi di sterilizzarla e di fatto depotenziarla. Sarebbe pertanto ragionevole discutere collettivamente su come contrastare questo fenomeno, chiamando in causa responsabilità e specifiche scelte politiche, non avendo paura – se necessario – di confliggere e proporre punti di vista alternativi.
Approfondimenti
Per approfondire la storia del movimento antimafia si consiglia la lettura di U. Santino, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000.
Per un’analisi delle diverse dimensioni dell’antimafia si vedano: N. dalla Chiesa, Manifesto dell’antimafia, Einaudi, Torino 2014; A. Blando, L’antimafia: ascesa e declino di una risorsa politica, in «Intrasformazione: Rivista di Storia delle Idee, 8, 2016; A. La Spina, Il mondo di mezzo, il Mulino, Bologna 2016; U. Santino (a cura di), Mafie: a che punto siamo? Le ricerche e le politiche antimafia, Di Girolamo, Trapani 2022.
Per uno sguardo sulle politiche antimafia si rimanda a V. Mete, Fuori dal comune, Bonanno, Acireale 2008; A. La Spina, A. Avitabile, G. Frazzica (a cura di), Mafia sotto pressione, Franco Angeli, Milano 2013; V. Mete, La costruzione istituzionale delle politiche antimafia, in «Stato e mercato», 3, 2016.
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Martedi 16/04/2024 –
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Redazione